La stretta del governo sul Fondo di garanzia pubblica per le piccole e medie imprese (Pmi) rischia di avere ripercussioni negative sull’erogazione di credito in una fase già di per sé complicata.
Con un emendamento del governo Meloni che ha aggiunto un articolo in più nella fase di approvazione parlamentare del disegno di Legge di bilancio 2025, da una parte, è stata decisa la proroga per l’anno prossimo del fondo che di fatto consente alle banche di finanziare le piccole e medie aziende ricorrendo per una parte a una garanzia pubblica.
Uno schema esistente da più di venti anni ma ampiamente sfruttato per sostenere le aziende durante la fase difficile della pandemia e poi prorogato via via successivamente.
Dall’altro lato, però, l’emendamento governativo introduce due importanti novità. ln primo luogo, riduce dal 60-55% al 50% l’aliquota per la garanzia sui finanziamenti di liquidità, mantenendo invece all’80% quella per le operazioni finalizzate ai programmi di investimento e per le startup.
Inoltre, si stabilisce un meccanismo che prevede, da parte delle banche che più ricorrono alle garanzie del fondo, il pagamento di un “premio” tra l’1 ed il 2 per cento. Tali percentuali, tuttavia, potrebbero essere riviste, perché dovrebbe essere inserito un ulteriore subemendamento che rimanderà i dettagli a un successivo decreto attuativo.
La nuova penalità prevista a carico delle banche “si riverserà ovviamente sulle imprese” commenta su Linkedin, dove la notizia sta facendo parecchio rumore, Stefano Cocchieri, consulente ed esperto di finanziamenti alle PMI.
ln altri termini, finanziamenti più cari per le banche tendono a tradursi in finanziamenti più cari anche per le aziende clienti.
Le novità, tra l’altro, arrivano in un momento in cui i prestiti erogati degli istituti finanziari registrano un calo: secondo gli ultimi numeri dell’ABI (Associazione bancaria italiana), a ottobre si è registrata una flessione del 2% annuo dei volumi di credito a imprese e famiglie.